L'inizio di tutto quello che sto per raccontare fu una scrittura sconosciuta, su una busta. C'era nei tratti di penna che tracciavano il mio nome e l'indirizzo della Revue des fossiles, alla quale collaboravo e da dove mi avevano rispedito la lettera, un miscuglio avvolgente di violenza e dolcezza. Dietro gli interrogativi che mi ponevo sul mittente e il possibile contenuto del messaggio, un vago ma potente presentimento evocava in me l'immagine del ciottolo nel pantano dei ranocchi. E dal fondo saliva come una bolla la confessione che in quegli ultimi tempi la mia vita era diventata davvero stagnante. Così, quando aprii la lettera, non avrei saputo distinguere se mi faceva l'effetto di un soffio vivificante d'aria fresca o di una spiacevole corrente. La medesima scrittura, rapida e ben legata, diceva d'un sol tratto di penna:
Egregio Signore, ho letto il Suo articolo sul Monte Analogo. Fin'ora mi credevo il solo ad esser convinto della sua esistenza. Oggi siamo in due, domani saremo in dieci, forse di più, e si potrà tentare la spedizione. Dobbiamo prendere contatto il più presto possibile. mi telefoni appena potrà a uno dei numeri che seguono. L'aspetto.
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