05/01/10

Il deserto vuoto e le cose rotte



Andrea mi ha detto questa cosa molto bella, che al ritorno dal deserto gli orizzonti si restringono e uno aspetta il giorno di poter tornare a perdersi con lo sguardo a 360°. Ma per fortuna di chi vive a Porto Potenza, dopo il limite della ferrovia gli occhi ritrovano una certa libertà' anche a 180°. Senza il mare sarebbe un carcere!

In effetti, credo che dal punto di vista della spazialità, la cosa che più colpisce del deserto sia questa nozione circolare, questi 360 gradi che non siamo abituati a conoscere. Nel vuoto delle dune siamo costantemente il centro di un cerchio immaginario che non delimita niente. Una condizione che instaura una confusione ubriaca fra la sensazione di essere il fulcro di qualcosa, e allo stesso tempo di non essere altro che un punto alla deriva nello spazio.

L'orizzontalità è invece quello che caratterizza lo sviluppo spaziale lungo l'asse terra-cielo. Ho avuto questo pensiero appena sbarcato a Tunisi, seduto sulla spiaggia a osservare le montagnette di sabbia, già tutto contento dell'aria di sud. Avrei ritrovato lo stesso principio, più forte e amplificato dalle dimensioni illimitate, qualche giorno più tardi in mezzo alle dune.


Questo viaggio verso Tosera, in un paese culturalmente molto diverso da quelli che conosciamo, la destinazione del deserto dove abbiamo trascorso a cielo aperto la notte del 31 dicembre, hanno assunto poco a poco una carica simbolica e quasi magica, forse inaspettata.

Tosera, città immaginaria battezzata in seguito e un'incomprensione sul nome Tozeur in una delle discussioni organizzative, scappava continuamente al nostro viaggio. Nel corso dei giorni, a più riprese abbiamo provato ad avvicinarci, ma abbiamo finito per risalire verso Nord lasciando questa città senza visitarla, relegata al mondo del sogno, una specie di Monte Analogo della nostra spedizione. Senza una presa di posizione cosciente, abbiamo lasciato inviolato il territorio onirico di questa città fin dall'inizio inesistente. Quel punto del deserto l'abbiamo lasciato li' a evocare per il futuro la stessa tensione attrattiva che ci ha portati laggiù. Andare verso Tosera non significava allora andare a Tosera. Quella che è dapprima sembrata una mancanza, una destinazione fallita, s'e' rivelata invece la conclusione perfetta del viaggio. So che per me nella vita tutto è tensione fra due punti ed equilibri magnetici. Tosera è il nostro nodo elettrostatico del deserto, che ci lega all'Africa, dove tutti torneremo.

Vedere le case rotte, le auto rotte, gli oggetti rotti, i muri rotti, le cose rotte, vedere le bambine giocare per strada, vedere tanto vuoto, tanto poco uomo in cosi tanto spazio, tanto deserto e tanta sabbia tutta continua e tanto sud e tanta calma e tanta vita diversa nei caffe', vedere i ritmi cambiati, tutto questo credo ci abbia ispirato una serie di riflessioni vorticose intorno al mondo, al cambiamento del mondo dopo l'anno della crisi, io l'ho chiamato l'anno del mondo nuovo questo 2010. Nel corso del viaggio mi hanno detto che sono iper-razionalista, poi iper-surrealista, poi iper-ottimista, poi iper-progressista. Massimo è stato definito iperrealista e anche complottista, mentre Manuela è stata definita un pop (in spagnolo popero).



Insomma, mi piace pensare che per tutti e tre questo viaggio è stato una specie di rito iniziatico per l'anno nuovo, una notte sotto le stelle in mezzo al nulla, in un deserto che azzera tutto e disinfetta, tanto che al ritorno, mentre si intravedeva la città, mi veniva da pensare che forse avremmo davvero ritrovato un mondo nuovo dopo quella notte, in cui tutto sarebbe cambiato.

In nave abbiamo letto e discusso brani di Hoffmann, il dio degli acidi, che solleva inevitabilmente il dibattito sull'uso delle tecnologie (l'LSD come tecnologia della creatività o della spiritualità?), abbiamo citato "Il Mondo Nuovo" di Aldous Huxley. Loro sognavano per il futuro un incontro della tecnologia con la spiritualità, e io credo che questo stia avvenendo. Come spiego anche qui, credo che le tecnologie della comunicazione siano un mezzo per canalizzare, connettere e amplificare contenuti emotivi, sensoriali, altrimenti ineffabili. In questo senso, credo che mai come in questo momento la tecnologia sia stata lontana dal materialismo. Anche in architettura questo è sempre più evidente.


E' nata un'avanguardia architettonica, rappresentata ad esempio dal movimento THINKARK, che critica la concezione dell'architettura come costruzione. Tutti i contenuti che possiamo oggi scambiare grazie alla tecnologia, rappresentano infatti un nuovo materiale architettonico e urbanistico, lontano dalle mura e dagli edifici. Per questo credo si possa iniziare a parlare di un'architettura dei sentimenti, una configurazione spaziale non più meramente materiale. Mi sembra inoltre di intravedere in questo cambio paradigmatico, che mi sono azzardato a paragonare alla rivoluzione industriale o a quella del maggio del 68, una opportunità di un nuovo equilibrio fra gli elementi che strutturano il mondo, fra il fisico e il virtuale, fra i sensi e le emozioni.

Credo anche, per concludere, che ogni architetto dovrebbe vedere il deserto, riflettere su questo luogo del vuoto, cosi' lontano dall'architettura, che eppur sa contenere magistralmente mistero e poesia.


Grazie a Massimo e Manuele per avermi portato da Parigi a Douz.




1 commento:

  1. tosera è il surrogato immaginario del monte timbaine che inseguo da anni...poi rompo un semiasse al fido fuoristrada,poi ancora cado ripetutamente in moto.timbaine resta al suo posto ed io non sono ancora sceso oltre remada e tataouine(lo stesso nome del pianeta di star wars!!!)
    i miei viaggi da molti anni sono discese a sud.l'africa chiama...dal sahara alla savana della tanzania,passando per i parchi del kenia,le aride steppe presavaniche somale,gli altopiani etiopi.
    una passione che viene da lontano,forse un tarlo caratteriale che nasce dal desiderio onirico del sentirsi poco in mezzo all'infinito,perdersi...per sapersi ritrovare.piu' forte.solo.
    questa sensazione la trovo solo uscendo dagli spazi angusti di un europa routiere.
    il mal d'africa è questo:il bisogno di spazio.
    spero che il vostro viaggio sia stato il primo passo utile a perdersi.lo spero per voi...
    andrea

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